Ricordando gli amici perduti

15 feb 2021
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Ricordando gli amici perduti

@DOVE E QUANDO

Immagine ripresa il 2 giugno 2019 salendo dal lago della Ninfa verso il monte Cimone che è la vetta più alta dell’appennino Tosco-Emiliano.

@RACCONTO

A volte vado in montagna solo per poter pensare, anzi per essere più precisi, per ricordare.

Quando ho questo stato d'animo non penso certo a raggiungerne la cima.

Lascio il sentiero e vado a cercarmi un angolino di montagna che in quel momento sia tutto mio, senza averlo pianificato in precedenza. Non so dove mi fermerò, ma devo camminare come per espiare qualche cosa che non ho concluso, che ho lasciato a metà, incompiuta... è difficile spiegare a parole.

Poi finalmente trovo una roccia, un posto che alla fine assomiglia quasi sempre ad un nido spartano.

Consapevole di essere in alto rivolgo lo sguardo verso la pianura, verso i luoghi in cui vivo tutti i giorni, di cui sono intrisi i miei ricordi.

Da qui, da lontano, mi sembra di poter dimenticare per un po’ tutto quello che non è importante, concentrare tutto me stesso nel ricordare i troppi amici che negli anni sono andati perduti.

 

@FOTOGRAFIA

Attrezzatura e dati di ripresa:

Corpo:                  Nikon D800

Ottica:                  Nikkor AF-S 24-70 G F/2.8

Focale:                 70 mm

Tempo:                 1/500 s

Diaframma:           f/11

Iso:                      100

Comp.Exp:            -2/3 stop

Suggerimento:

Quando inserite la presenza umana in una scena, anche se piccolissima, anche se poco dettagliata, anche se defilata, essa catturerà subito l’attenzione dell’osservatore. L’empatia verso gli altri esseri umani, la necessità di capire il contesto in cui sono mostrati, la valutazione di potenziali pericoli ci fanno subito concentrare su di essa. E questa sensibilità e necessità di capire l’altro si amplificano se l’uomo è rappresentato in un luogo quasi desertico.

Bisogna conoscere bene queste dinamiche per poterle utilizzare a proprio servizio nel realizzare immagini efficaci che possano essere lette con facilità.

Se come in questa scena la figura umana è dimensionalmente piccola, dovreste assicurarvi che l’inquadratura sia molto pulita e minimale, per evitare che altri elementi possano confondersi con il soggetto principale della fotografia che in questo caso è l’uomo in un ambiente montano.

Fate attenzione:

Posto che avete individuato la porzione di scenario da inquadrare, un ripido pendio di terreno misto tra rocce e licheni, dovete effettuare alcune scelte con particolare attenzione.

Dove posizionare la presenza dell’uomo? In basso, a metà, in cima al tracciato?

E ancora: in piedi, fermo, seduto? E con lo sguardo rivolto verso quale punto?

Tutte decisioni da prendere in funzione di quello che volete raccontare con l’immagine.

Nel mio caso ho detto che salgo in montagna e non mi interessa certi giorni raggiungere la vetta, quindi la scelta è caduta nel posizionare l’uomo nella parte alta, lasciando però vedere che il pendio prosegue oltre di esso.

Ho anche detto che mi fermo a ripensare alla mia vita di tutti i giorni che si svolge in pianura, così l’uomo è seduto, la posa è statica e lo sguardo è rivolto verso il basso.

Basta davvero poco per fare in modo che una fotografia riesca oppure no quando si gioca a suggerire stati d’animo: vale la pena valutare bene le scelte affinché riusciamo a comunicare correttamente con essa quello che desideriamo.

 

@MONTAGNA

Suggerimento:

Uno dei vantaggi nell’essere in zone di montagna poco frequentate è quello di poter gestire la nostra attrezzatura con serenità, senza doverci continuamente preoccupare che qualcuno approfitti di una nostra distrazione e ci porti via qualcosa di costoso.

Così per realizzare una fotografia come questa, una volta che avete scelto esattamente l’inquadratura, non dovrete stare ad attendere che qualcuno si posizioni esattamente come desiderate nel punto che volete: potreste invecchiare sul posto.

Al contrario è molto stimolante che partecipiate completamente alla realizzazione della fotografia anche come attore protagonista. Basta posizionare la camera su una roccia o ancora meglio sul vostro zaino, impostare lo scatto con l’autoscatto e assicurarsi di avere il tempo per entrare nella posa.

Il tempo di ritardo dell’autoscatto si può regolare e varia a secondo del dispositivo: vi suggerisco di impostare il più lungo che vi è concesso. Questo perché al solito in montagna non è bene correre, non sareste i primi a farvi male e non ne vale la pena. Ma i 10 o 30 secondi della vostra fotocamera potrebbero non bastarvi.

Se vi capita ogni tanto di scattare foto con necessità simili, esistono dei comandi remoti di scatto via radio che potete azionare con un pulsante anche a più di 100 m. dalla camera. Con poco più di 10 € potete acquistarne di economici per svolgere questa funzionalità.

Quando non esistevano questi dispositivi il grande alpinista ed esploratore italiano Walter Bonatti, si era auto-costruito un congegno simile per potersi immortalare nei suoi famosi reportage in giro per il mondo. Non è stimolante poterlo imitare?

Fate attenzione:

In una zona in alta montagna, su un crinale o anche solo su un versante esposto, il vento sarà vostro nemico nel realizzare fotografie con l’autoscatto, per diverse ragioni. Di seguito alcune casistiche a cui prestare attenzione.

State scattando con il cellulare, una macchina compatta o una piccola mirrorless. Il pregio di questi dispositivi nell’andare in montagna è subito evidente: poco ingombro e soprattutto poco peso nello zaino. Ma quando li esponete al vento senza tenerli ben fermi nelle vostre mani, potete stare certi che si sposteranno anche con un vento non troppo testo. Dalle piccole oscillazioni che magari pregiudicano l’inquadratura o inducono il mosso, a grandi dispiaceri quando ormai distanti e in posa li vedrete rotolare giù per la montagna.

Dovete cercare di ancorarli come meglio potete: il modo più semplice è quello di raccogliere anche solo qualche pietra e costruire attorno alla fotocamera una sorta di rifugio o di schermo per il vento. E’ più complicato da spiegare che da fare: usate l’arte dell’arrangiarvi avrebbe detto mio nonno ,o più in stile anni ‘80 tirate fuori il MacGyver che è in voi.

Se scattate con una reflex magari equipaggiata con un luminoso obiettivo, non pensate di essere a posto solo perché i 3 o 4 Kg di apparecchiatura non si sposteranno con il vento. Per esperienza personale la cinghia della tracolla può giocarvi gli scherzi peggiori.

Se si muove libera e svolazzante ad un vento teso, visto che di solito è bella larga, finirà per fare da bandiera e riuscire a muovere la fotocamera nonostante il peso. Ma l’aspetto ancora più subdolo, anche con solo una leggera brezza, è che svolazzando potrebbe finire davanti all’obiettivo nel momento dello scatto, rovinandolo.

Vi basterà assicurarvi di bloccarla anche solo posandoci sopra il corpo della reflex, per evitare questi fastidiosi inconvenienti.

© Roberto Carnevali

Leggi tutte le altre puntate della rubrica Montagna e Fotografia a questo link.

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