Quella che vedete sopra è una foto scattata pochi giorni fa sulla cima più alta al mondo. Approfittando del meteo perfetto, oltre 300 tra scalatori e sherpa si sono messi in coda per raggiungere la cima dell'Everest mettendo a rischio la propria vita e quella degli altri pur di arrivare in cima...dopo ore e ore di coda!
Nonostante il luogo sembri fuori dalla portata di qualunque essere umano che non sia uno scalatore super provetto, in realtà sono ormai migliaia le persone che ne hanno raggiunto la vetta dal lontano 29 maggio 1953, seguendo l’impresa realizzata dal neozelandese Edmund Hillary e dallo sherpa Tenzing Norgay.
Ogni anno, infatti, centinaia di persone, si aggregano a spedizioni commerciali per salire sulla cima più alta del mondo. In questo caso l’unica discriminante non è la capacità e l’esperienza di scalatore, ma solamente la possibilità di pagare migliaia di dollari per potersi unire a queste spedizioni.
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Dal momento che i periodi utili per l’ascesa sono abbastanza limitati, generalmente i mesi di aprile e maggio sono considerati quelli con tempo più stabile e buono, la gente si concentra in poche settimane all’anno.
L’affollamento in cima e nei passaggi più critici, fa sì che si formino delle vere e proprie file (come potete vedere nell'immagine in alto), per cui tutta la colonna si deve muovere alla velocità dello scalatore più lento e inesperto.
Questo implica che la durata dell’ascensione e la permanenza nella “zona della morte” sia spesso più prolungata di quanto previsto e che quindi il rischio di morire aumenti in modo proporzionale.
La zona della morte è quella fascia al di sopra dei 6.500/7.000m in cui la concentrazione di ossigeno è molto bassa, per cui già il solo respirare è uno sforzo.
In tale zona il corpo umano perde più o meno rapidamente (soprattutto se non si è allenati) le proprie funzioni, a cominciare da quelle cerebrali. Una permanenza prolungata a tali quote provoca quindi pericolosi edemi (ai polmoni e cervello) e quindi una rapida morte.
Inoltre, il prolungarsi del tempo trascorso in quota, espone ai rapidi cambiamenti del tempo così comuni a tali altezze, per cui una salita con il bel tempo potrebbe evolversi in una discesa in mezzo ad una bufera, aumentando così il rischio di pericolo di cadute e valanghe.
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Rimanere in quota per più tempo a causa della fila incontrata durante la salita, può quindi portare alla morte e già si sono avute oltre 10 vittime nel solo 2019!
Oltre agli effetti mortali dell’affollamento, non dimentichiamo poi che per ogni scalatore si generano decine di chili di rifiuti che non sempre vengono riportati al campo base per essere smaltiti, ma rimangono abbandonati lungo il percorso. L'inquinamento è quindi diventato un problema anche in luoghi così remoti.
D’altra parte, tasse governative per i permessi di scalata e retribuzione degli sherpa, moltiplicate per le centinaia di persone che ogni anno scalano l’Everest, generano un business milionario, a cui molto difficilmente il governo nepalese potrebbe rinunciare, limitando in modo severo i permessi di salita.
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Immagini: Lydia Bradey/Pixabay