Massimo Miselli, giovane fotografo, per età, e per il periodo che lo lega a questo mezzo di lettura e comunicazione, vive a Sassuolo, un grosso centro della provincia modenese. E non ha letto, certamente, il libro di Giuseppe Marotta “L’oro di Napoli”.
Direi che non è un lettore, quantomeno assiduo. Il suo modo di leggere il vivere quotidiano è invece molto legato, da alcuni anni, all’uso del mezzo fotografico. Altro codice di lettura, altro modo di partecipare a quanto avviene e avverrà.
Marotta ha scritto questo libro di racconti nel 1947 nella sua città, Napoli, offrendoci una serie di racconti, di “elzeviri”, come a volte sono stati chiamati.
Certamente questa lettura di una parte della vita di Napoli è come una messa in scena di un grande spettacolo teatrale, visivo, di questa città unica al mondo. Con le sue immagini Miselli cerca di coniugare la semplicità e la spontaneità della vita che ogni giorno, ogni momento, si mette in scena, si esibisce, si offre.
Non succede nulla di particolarmente straordinario nelle sue immagini, dove solo il passare del tempo scandisce una ritualità di gesti che, pur modificati dal tempo, persistono attualmente. Nella loro rappresentazione, restano dello stesso peso esistenziale nell’economia del tempo di vivere.
Da questo racconto per immagini arriva un profumo che altro non è se non la metamorfosi delle parole scritte che si sono fatte ”atmosfera”. Si vede e si “sente” l’antica ospitalità, l’accoglienza, il desiderio di donarsi, la solidarietà, l’offerta di sé e del poco che si ha.
Massimo Miselli ha mutato “L’Oro di Napoli” in "Loro di Napoli". L’Alchimia che ha operato questa metamorfosi della materia e della sensibilità è l’umiltà con la quale Massimo ha saputo accostarsi con rispetto e concisione al materiale più importante di questo nostro mondo. L’essere umano.
Anche se non conosceva direttamente il testo di Giuseppe Marotta, lo ha percepito nell’aria, respirandone il sapore, perché i sentimenti e i pensieri non solo sono veicolati dalla stampa, ma anche da qualcosa che sta sospeso sopra di noi, come un’aura che sempre ci accompagna e che noi condividiamo con gli altri anche se a nostra insaputa.
Testo di Vasco Ascolini
Ha cominciato a fotografare alla fine del 2008 e ha continuato perché ci trovava libertà: la fotografia, infatti, gli permette di giocare col tempo e con la realtà.
Gli piace vedere quello che immagina e non quello che ha davanti. In genere, ogni fotografia la immagina sia prima che dopo averla scattata: prima, perché la "vede" e aspetta che succeda quello che vuole, dopo perché gli fa immaginare dell'altro ancora.
Con la fotografia, poi, può decidere il tempo: può fermare quello che si muove e muovere quello che é fermo. Tanti dicono che la fotografia é luce: per lui, invece, é più questione di tempo.
Se volete saperne di più su Massimo e sul progetto - Loro di Napoli - potete visitare tutte le pagine ufficiali dell'associazione culturale consorzio creativo di cui Massimo fa parte:
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