Parte della nostra immagine contiene dei pixel bruciati.
Quando ciò accade perdiamo tutte le informazioni in essi contenuti e anche, agendo sulla post produzione, non potremo recuperare nulla: indipendentemente dalle nostre azioni tali pixel non saranno altro che bianchi o, per dirla in RGB, 255-255- 255.
Se queste aree sono piccole non è un problema (così come non è un problema se il nostro scopo è ottenere una immagine High-key), se invece occupano una parte considerevole dell’immagine o del soggetto principale, le cose sono differenti e la nostra foto può essere considerata come rovinata.
Dunque, perché i pixel “bruciano”? O, per dirla più correttamente, perché perdiamo tutte le informazioni di colore, luminanza, tonalità in essi contenuti?
Il problema è causato dalla tecnologia utilizzata per il nostro sensore ottico: quando è colpito da un raggio luminoso che eccede la sua capacita dinamica, satura, per cui la sua risposta non cambia indipendentemente da quanta altra luce lo colpisce.
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Per semplificare, potremmo considerare ogni foto sito del nostro sensore di immagine come un bicchiere che viene “riempito” dalla luce.
Fintanto che il “livello” di luce rimane entro i valori minimo (0) e massimo (255), non ci sono problemi e il dispositivo restituisce il valore esatto di energia della luce incidente, con tali informazioni possiamo così ricostruire la nostra porzione di immagine, avendo tutte le informazioni a disposizione.
Se superiamo il valore massimo, il bicchiere è ormai pieno, non può contenere altra acqua e tutta quella che versiamo ulteriormente viene dispersa. A questo punto il pixel è “bruciato”, per cui non avremo alcuna informazione aggiuntiva su quanta energia luminosa colpisce in realtà il foto sito e il risultato sarà un bianco puro.
Una nuova ricerca, realizzata dal Institut fur Mikroelektronik Stuttgart sembra offrire una scappatoia a questo problema: un nuovo CMOS (il dispositivo elettronico spesso utilizzato per realizzare i fototransistor) sembra avere la proprietà di resettarsi ogni volta che raggiunge la saturazione.
In questo modo, possiamo contare quante volte il nostro bicchierino viene riempito e quindi avere una misura corretta dell’energia luminosa che colpisce il fotosito.
Quindi, problema risolto? Mai più pixel bruciati nelle nostre immagini?
Purtroppo la strada da fare è ancora lunga e siamo solo ai primi passi di una lunga ricerca che sarà inizialmente dedicata al mondo industriale. La soluzione per evitare pixel bruciati al momento è solo una: esporre in modo corretto (qui)!
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